24/12/11

25 dicembre 2011 - NATALE del Signore

Dal Vangelo secondo Luca (2, 1-20)

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.




La Parola creatrice di Dio, il suo amore infinito per l'uomo, oggi “si è fatto carne, ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”, con noi, nelle nostre case, nella nostra vita. Una Parola che da sempre parlava ai nostri cuori, non ha esitato, per amore, a farsi vita della nostra stessa vita, passo dei nostri stessi passi. Ed il volto di Dio per amare l'uomo, la sua "incarnazione", è il più grande e primordiale inno alla vita che l'uomo conosca: un bambino.
E ogni bambino è canto al Vita perché mai visto, diverso da tutto ciò che era prima. Ogni bambino, quando nasce, cambia il mondo che gli sta intorno: un uomo e una donna diventano genitori, quattro genitori diventano nonni, una vita si appresta ad essere disegnata.Ma ogni bambino è un inno alla vita anche perché fragile di ogni fragilità, povero di tutto, incapace di ogni azione: l'unico sostegno e l'unico dono che un bambino possiede è l'amore. Un bambino vive dell'amore che lo circonda, e scambia solo amore con chi gli sta accanto.
Così, come ogni Natale, ci troviamo oggi di fronte al paradosso di un Dio-neonato, un Dio- annuncio di novità, ma un Dio fragile, un Dio indifeso. Il nostro Dio, il Verbo, il Figlio unigenito, oggi è una piccola cellula d'amore che si sprigiona da una sperduta mangiatoia di Betlemme: nulla di più umile, nulla di più ordinario, nulla di più misero, e insieme nulla di più miracoloso e straordinario.
Spesso ci è più facile credere in un Dio onnipotente, artefice di ogni sorte, padrone del modo e dei suoi destini, e dimentichiamo il segno che Lui stesso ha scelto quando è stato il momento di manifestarsi, di abitare in mezzo a noi: essere il più fragile degli uomini, un bimbo che non ha nemmeno un posto dove nascere. E questo Natale allora diventa per noi il momento di fermarci a riflettere, e di vincere la nostra costante tentazione di cercare nella fede una strada per migliorare la nostra fortuna ed il nostro presunto benessere. Certo il nostro Dio avrebbe potuto scegliere di guarire tutte le malattie, di eliminare tutte le sofferenze. Invece fa della debolezza, della vulnerabilità il segno distintivo della sua nascita. Come a dire a tutti i deboli del mondo, sono con voi; a tutti i poveri, sono uno di voi. Come a dire a chi soffre, a chi ha paura, so cosa significa, ho provato anch'io le stesse sofferenze e le stesse paure. E proprio questo essere “con-sorti” di Dio, avere un Dio più vicino di quanto noi stessi possiamo, è il miracolo che ogni anno celebriamo. Ma un Dio nuovo e vero al nostro fianco è comprensibile solo agli occhi dei “pastori”, solo agli occhi di chi ha ancora bisogno di vivere per amore, solo a chi comprende la fragilità per esserne assiduo compagno, solo a chi sa vedere il mondo con realismo e proprio per questo sa gioire della Vita quando, a dispetto di tutto, trionfa. Così oggi anche noi con i pastori vogliamo andare "senza indugio" incontro a questo bambino, dopo tante settimane di attesa. Vogliamo cantare l'inno di gioia che nasce dai cuori che hanno imparato a guardare la vita vera, le cose importanti, la bellezza della propria umiltà e semplicità. Vogliamo “gioire nel Signore”, perché “oggi la luce risplende su di noi”, e nella strada che credevamo arida e distratta abbiamo trovato un Compagno di viaggio, che ci cammina al fianco proprio nei momenti di maggiore difficoltà. Vogliamo stupirci per un Dio che abita la nostra vita condividendola, sempre ed in tutto, insegnandoci che amare non è risolvere i problemi di altri, ma andare al loro passo, soffrire quando soffrono e, poi, gioire insieme quando la fatica si placa.
Allora in questo Natale piegheremo le nostre ginocchia davanti al mistero di un Dio, che supera persino la Parola, per accompagnarci fino sull'uscio delle nostre strade, per insegnarci a non temere, insegnarci a gioire di gioia profonda, insegnarci ad amare di amore totale. 

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