In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Oggi è Pentecoste, oggi è il
giorno in cui “l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito, che ha stabilito in noi la sua dimora.” Per questo oggi possiamo
gridare con i dodici di Gerusalemme, e con tutti coloro che, insieme a noi,
hanno conosciuto l’amore di Cristo: “io gioirò nel Signore”.
Oggi è giorno di gioia perché
capiamo che a ciascuno di noi, ad ognuna delle nostre piccole storie, è stato
concesso di vivere non solo in compagnia di Dio, ma abitati da Lui. Questo è il
grande dono che l’Uomo, il Compagno di viaggio, Gesù, ci ha fatto dopo il suo
ritorno al Padre: essere abitati dalla stessa relazione d'amore che intercorre
tra il Padre e Lui. Possiamo vivere e nutrirci della stesso Amore che fa di tre
una persona sola, e questa presenza, lo Spirito, ci rende una sola famiglia. E fa di ciascuno di noi, testimoni
della sua inesauribile fedeltà, una sola comunità.
E non sono parole vuote, lontane dalle nostre esistenze, se pensiamo a quel giorno in cui noi, un uomo e una donna, ci siamo innamorati. Quando accade, è quasi un uragano. Come un vento che irrompe in una stanza chiusa, come un solo fuoco che brucia, e poi si divide, irradiando dai volti. Quando un uomo e una donna si scoprono innamorati, si accorgono di capirsi, di parlare l'uno il linguaggio dell'altra. Si giurano amore, fedeltà, e sono felici, in pace col mondo, testimoni viventi della loro felicità.
E non sono parole vuote, lontane dalle nostre esistenze, se pensiamo a quel giorno in cui noi, un uomo e una donna, ci siamo innamorati. Quando accade, è quasi un uragano. Come un vento che irrompe in una stanza chiusa, come un solo fuoco che brucia, e poi si divide, irradiando dai volti. Quando un uomo e una donna si scoprono innamorati, si accorgono di capirsi, di parlare l'uno il linguaggio dell'altra. Si giurano amore, fedeltà, e sono felici, in pace col mondo, testimoni viventi della loro felicità.
Così quando verrà lo Spirito, ci
dice Gesù, “egli darà testimonianza di me”.
E per noi che crediamo in un Dio
follemente innamorato dell'uomo, è facile capire il racconto che Luca ci fa di
ciò che avvenne in quel lontano giorno. Ci sono dodici uomini per i quali,
finalmente, scocca la scintilla. Dopo essere stati corteggiati per anni, dalla
Galilea fino a Gerusalemme, all'improvviso si scoprono innamorati di Dio, si
trovano a ricambiare, almeno un poco, quell'amore folle. Per quell'amore ora
sono pronti a dare la vita, diverranno strumenti attraverso cui lo Spirito
potrà soffiare su altri e, come per contagio, nella storia, giungere fino a
noi.
Per noi che viviamo il
Matrimonio, il giorno in cui ci siamo innamorati è stato il seme di una nuova
vita. Abbiamo iniziato a costruire un futuro insieme, e fa un certo effetto
pensare a quel giorno come alla nostra personale Pentecoste: come al giorno in
cui il nostro amore piccolo e fragile si è scoperto abitato da un disegno
d’Amore infinitamente più grande. Leggiamo, come in un chiaroscuro, le parole
di Paolo, “il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità,
benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”, e ci accorgiamo dei
momenti in cui lo Spirito ha guidato la nostra famiglia, rispetto alle volte in
cui discordie e invidie hanno minato la nostra felicità. E quelle stesse parole
non ci appaiono più leziose utopie, ma capiamo che ogni volta che siamo
riusciti a gustare la gioia piena del nostro amore, è perché ci siamo arresi a
Lui, e abbiamo potuto raccogliere i frutti della Vita e della Verità che ci
abita. Ci accorgiamo che nei nostri momenti luminosi come in quelli bui, lo
Spirito ha sempre abitato la nostra casa, e che abbandonarsi a Lui non può che
spingerci a fare come gli apostoli di un tempo, e raccontare a tutti “le grandi
opere di Dio”.
Così ogni volta che lasceremo da
parte noi stessi per “lasciarci guidare dallo Spirito, non saremo più sotto la
Legge”, perché l’unica legge a cui saremo vincolati,
sarà la legge dell’amore. E ci scopriremo capaci di coprire le nostre
inevitabili mancanze con l’amore, impareremo le strade per rendere fertile un
cuore inaridito dalla solitudine e dalla sofferenza, sapremo consolare il
pianto della malattia, e le ferite dell’abbandono. Non avremo timore nel
superare la rigidità dei giudizi e delle precomprensioni, non faremo fatica a
scaldare l’indifferenza gelida di un luogo di lavoro o di un fast-food. Saremo
solleciti e discreti nel raddrizzare i discorsi vuoti di chi non crede più
nella esistenza di un amore concreto e possibile. Perché non saremo noi a
farlo, ma Lui. Lui che ci da ogni forza, Lui che abita ogni nostro respiro e
che viene a “lavare ciò che è sórdido, bagnare ciò che è árido, sanare ciò che
sánguina. Piegare ciò che è rigido, scaldare ciò che è gelido, drizzare ciò che
è sviato.”