22/12/11

18 dicembre 2011 - IV domenica di AVVENTO - anno "B"

Dal Vangelo secondo Luca (1, 26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.






È un giorno qualunque, in una casa qualunque. Una ragazza abbraccia con amore la sua normalità. E' una ragazza speciale, con una vocazione speciale, ma vive semplicemente la sua ordinarietà. E in questa casa, in un piccolo paese ai confini del mondo, avviene l'evento della storia. E questo evento assume la stessa luce domestica del luogo in cui avviene e della ragazza che ne è protagonista. Allora vorremmo, oggi, avvicinarci e guardare ciò che accade tra le mura della casa di Nazaret, in quell'angolo buio della storia, che si trasforma in luce per il mondo.
Ci accostiamo e vediamo l'arrivo di un ospite, o meglio di un messaggero dell’Ospite. Gabriele si fa accogliere da Maria, si fa ospitare nella sua piccola casa per darle un messaggio, per annunciare, a lei e al mondo, che un altro Ospite sta per arrivare. Ed entrando in casa, porta la gioia, quella gioia dirompente di chi sa che una porta si è aperta, e che ogni volta che una porta si apre, è sempre l'inizio di una relazione, di una storia: "Rallegrati, il Signore è con te".Chissà se gli angeli provano emozioni? Ci piace pensarlo, ci piace immaginare che il saluto di Gabriele sia colmo di emozione e stupore davanti alla possibilità che si compia un miracolo così grande, davanti alla donna da cui dipende la salvezza dell'umanità, davanti all'annuncio di quel miracolo consueto ma immenso, che accade ogni volta che una vita che prende forma, e cresce nel grembo di una madre.E' strano, allora, per un istante volgerci indietro, e guardare le porte chiuse delle nostre case, le paure dei nostri giorni, le notizie gridate dei nostri giornali. E' strano pensare alla gioia che può portare un ospite accolto nella nostra casa, alla nostra tavola. Accolto ed ascoltato. Ed è strano chiederci se mai ci sia venuto in mente che ogni ospite potrebbe essere per noi, messaggero di Dio...
Ma torniamo a Nazaret. Maria è turbata, non capisce. La gioia ed il timore vanno spesso di pari passo. Ogni realtà che superi le nostre speranze ci lascia a bocca aperta, ci turba, ci blocca. E Maria in quel momento, sentiva intorno a sé la potenza di un Amore che nessun uomo ha mai potuto contenere, e che lei avrebbe dovuto portare nel grembo. Ne sentiva la presenza, la gioia traboccante, la grandezza umile, e, per un istante, ha provato timore.
E quel timore assomiglia un po' al nostro, quando ci sentiamo chiamati, così come siamo, a piccole o grandi imprese d'amore. E' il timore di ciascuno di noi, quando ci accorgiamo che la nostra fragile umanità vive ed è feconda solo se sappiamo accogliere il progetto di Dio su di noi, ma quel progetto ci sembra enorme, faticoso, irrealizzabile.
E Maria, allora, si fa coraggio, anche per tutti noi, e pone domande. Si fa coraggio perché, per lei, la relazione con il suo Signore è un'abitudine. Pone domande perché la preghiera è, in lei, relazione costante, comune. Ed è solo in questa relazione abituale che può avvenire il miracolo: oggi la sua preghiera quotidiana è divenuta carne, perché nel tempo la preghiera quotidiana era già divenuta relazione.
E  con questi occhi guardiamo anche alla nostra preghiera, ai nostri riti, e ci chiediamo quanto essi siano relazione: relazione abituale e feriale con il nostro Signore, relazione abituale e feriale con tutti gli incontri d'amore in cui ci è chiesto di riconoscerLo, e metterci in gioco.
E vorremmo che il saluto dell'angelo, oggi per noi divenuto preghiera, ci insegnasse la strada per entrare nel mistero di questa relazione, per abituarci ad ascoltare le parole dei messaggeri, e ci aprisse la via per imparare ad accogliere, come Maria, il progetto di Dio su di noi. 

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