In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Una vite ed i suoi tralci:
un'unica pianta che corre lungo i filari della vita, raggiungendo distanze e
luoghi solo apparentemente lontani dalla propria radice. Questa è l'immagine
che oggi Gesù ci regala della nostra esistenza, della vita della nostra famiglia,
del nostro essere cristiani.
E con un'immagine così
apparentemente lontana dalla nostra routinaria quotidianità, ci racconta in
realtà quello che ogni giorno viviamo. Lo sappiamo, lo sperimentiamo, sono i
tralci a sentire l'energia della primavera, sui tralci sbocciano i germogli,
sono i tralci a portare il peso e la gioia dei grappoli maturi. Siamo noi,
piccoli tralci, a provare emozioni, a commuoverci e provare nostalgia. Siamo
noi ad innamorarci, a ridere e a piangere per la felicità dei nostri figli.
Ma oggi Gesù ci dice, dice
alle nostre case, al nostro matrimonio, alla nostra famiglia, che non esiste
fecondità senza di Lui. E capiamo che la linfa che ci ha permesso di trarre
ogni giorno il meglio uno dall'altro, che ci ha permesso di crescere insieme e
di accoglierci come avevamo promesso nel giorno del nostro matrimonio, è sempre
e solo Lui. Inaspettatamente quelle parole, “con la grazia di Cristo prometto
di esserti fedele sempre”, assumono un significato diverso, sorprendente e
liberante insieme. La nostra promessa, quasi incredibile, assume i connotati di
una certezza, proprio perché Lui l’ha nutrita giorno dopo giorno. E così'
possiamo pensare anche dei nostri figli: la nostra preoccupazione per trovare
le migliori strategie educative, le scuole migliori, le attività sportive più
strutturanti, si libera di ogni peso pensando che i frutti dei nostri rami, in
realtà, sono frutti Suoi.
A volte è forte la
tentazione di credere che quella linfa, che scorre lentamente ma senza mai
fermarsi, non nasca in realtà così lontano. Immaginiamo che la forza dell'amore
che dà vita alle nostre giornate, abbia origine solo dentro noi stessi. Ci
convinciamo di aver costruito il nostro amore partendo dal nulla, e di averlo
fatto sopravvivere alle difficoltà contando sulle nostre forze. Non è strano
gioire nell'intimo quando vediamo i frutti dell'amore che ci abita, quando
riusciamo a rendere migliore, anche solo un poco, la vita di qualcuno. Il
rischio di credere che la vite a cui siamo connessi non abbia un grande ruolo,
e di convincerci che potremmo fare da soli, con le nostre doti e capacità, c’è,
ed è forte.
Ma per fortuna Gesù ci
fornisce l'antidoto. Ci chiede di rimanere nel suo amore, ci promette la gioia
di continuare a dare frutto, ci promette che i suoi frutti saremo noi a
portarli. A questo allora siamo chiamati, a lasciar scorrere, nella nostra
coppia, nel rapporto con i nostri figli, nelle nostre comunità, la stessa linfa
di cui siamo nutriti: il suo Amore.
Lui è la radice della gioia
e noi i tralci a cui è chiesto di portare la sua gioia. Così cogliendo da Lui
il nostro nutrimento, potremo portare sereni i nostri grappoli. Potremo offrire
ai nostri figli il grappolo del matrimonio, il grappolo di una vocazione
vissuta. Potremo portare ai nostri amici il grappolo dell'accoglienza,
dell'ascolto, il grappolo della serenità nelle difficoltà. E ogni volta che
penseremo che forse sarebbe meglio fare da soli, ogni volta che saremo tentati
di chiuderci nella gioia della nostra casa, appagante e rassicurante, ci
accorgeremo che stiamo pensando, in realtà, di rinunciare all'unica vera
origine della nostra gioia.
E tutto questo non è un
delegare la vita, un lasciarsi vivere passivamente, ma sapere di essere parte
integrante di una vite più grande di noi, che anche dalla ricchezza dei nostri
grappoli trae la sua bellezza. E anche quando arriverà l'inverno e dal nostro
tralcio cadranno le foglie, sapremo che la ragione della nostra vita è rimanere
uniti a quella vite, che continuerà a nutrirci con la linfa dell'amore,
nell'attesa di una nuova primavera.
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