07/04/12

8 aprile 2012 - PASQUA DI RISURREZIONE

Dal Vangelo secondo Giovanni (20, 1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.




Oggi è il giorno della gioia. Cristo è risorto. La morte è vinta. La luce è tornata. La festa d’ora in poi è festa per sempre, festa per ogni giorno, perché "per sempre è il Suo amore".
E corriamo anche noi per le strade con il sorriso sui volti e le braccia alzate, e proseguiamo la strada di chi, nel tempo, ha ripetuto questo annuncio: Cristo è tornato tra i vivi. E come allora, anche noi abbiamo giorni in cui l'annuncio è pieno di stupore, misto di paura, come fu l'annuncio di Maria di Magdala che corse dai dodici dopo aver visto la pietra rotolata via dal sepolcro. Anche per noi ci sono giorni in cui le parole sono più timide della certezza della fede, e non sappiamo dire altro che "hanno portato via il Signore, e non sappiamo dove sia". E abbiamo giorni in cui la certezza di una presenza accanto ci spinge a correre, a muoverci senza esitazione e timore, come il discepolo amato. E giorni in cui la fatica, la stanchezza, l'aver conosciuto il peso dell'amore ci fa camminare lenti, senza troppo slancio.
Ma alla fine del cammino, giunti sulla soglia del sepolcro, ciascuno di noi, con i suoi tempi ed i suoi modi, proclama la vittoria dell'amore. Perché anche noi l'abbiamo visto risorgere l'amore, almeno una volta. L'abbiamo visto risorgere in quella coppia che ha superato una crisi, in quei genitori che hanno attraversato la perdita di un figlio imparando ad amare come figli tutti coloro che gli è dato di amare, in quelle cento, mille persone che decidono quotidianamente di donare tutta la loro vita al servizio di chi non ha nulla da dare in cambio. E vedendo l'amore risorgere dalle dichiarazioni di morte che giornali e opinione pubblica spesso ostentano, abbiamo, giorno dopo giorno, imparato a credere.
E così attraversando il tempo e lo spazio, possiamo gridare oggi come allora in Palestina, la fine del silenzio di Dio, la fine della sua lontananza, per dichiararne apertamente la Paternità e l'Amore.
Ma questa Risurrezione non è soltanto l'annuncio di un evento storico, sconvolgente, ma passato, come non è un evento storico, confinato nel tempo, il giorno delle nozze, né lo è la data di nascita di un figlio.
La Risurrezione è l'inizio di una storia, un evento che cambia la storia, la nostra prima ancora che quella universale. Oggi la felicità trova un motivo che la alimenta, un avvenimento di fronte al quale ogni tristezza, ogni paura si dissolvono. E ogni gioia, anche la più piccola si riempie di un significato grande; anche la felicità più piccola si specchia nell'eternità, si scopre ad avere origine nell'amore di un Dio che ci vuole felici e per noi ha osato l'impensabile.
E questo è l'evento, la notizia, l'imprescindibile novità del nostro essere seguaci Suoi: se Cristo è risorto per noi, anche noi "siamo risorti con Cristo". Oggi è Risurrezione anche da quella quotidianità che ci fa essere indifferenti, da quella fatica di vivere che ci rende insensibili.
Non c’è più timore allora nel perdere la memoria di un’ingiustizia subita, vivendo nella carne e nel cuore la misericordia prima ancora del perdono, perché ogni ingiustizia è già stata vinta e ogni rancore già superato.
Non c’è più timore nell’affrontare la fatica di educare un figlio alla condivisione e al dono gratuito di sé, sapendo che sarà deriso e considerato inadatto al tempo che abita, perché l’Amore ha già vinto la sua battaglia per noi.
Non c’è più timore nel perdere forze ed energie per impedire che le piccole gioie delle nostre giornate vengono soffocate dalla disattenzione, dalla fretta, dalle preoccupazioni, perché oggi capiamo quanto abbiano piena cittadinanza, quanto partecipino dell'amore di Dio, quanto siano coinvolte nella sua Risurrezione.
Così oggi vogliamo perderci nella lode e dedicare un pensiero a tutti quei momenti di piccola gioia domestica, quei momenti così quotidiani e consueti da sembrare banali, da non meritare neppure di essere ricordati. Uno sguardo, una carezza, un sorriso. Un favore, una gentilezza, un complimento inatteso. Il sapore del vivere insieme, del prenderci cura gli uni degli altri, dell'abitare la stessa casa o lo stesso mondo. Vogliamo perderci nella lode e portare nei giorni che verranno una certezza: quanto “è stato fatto dal Signore è una meraviglia ai nostri occhi.” 

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