30/09/11

2 ottobre 2011 - XXVII domenica tempo ordinario - anno "A"

Dal Vangelo secondo Matteo  (21, 33-43)


In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:“La pietra che i costruttori hanno scartatoè diventata la pietra d’angolo;questo è stato fatto dal Signoreed è una meraviglia ai nostri occhi”?Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».



Da qualche settimana ormai, siamo accompagnati dalla liturgia a calcare i nostri passi all'interno della vigna. La vigna da lavorare senza preoccupazione per la paga, la vigna in cui gioire per i frutti che vi gustiamo, la vigna in cui incamminarsi con cuore sincero, senza recriminare, senza  allontanarsi dalla volontà del Padre che ci ha mandato. Una vigna che sempre più ci appare come la terra affidata alle nostre mani, al nostro desiderio di custodirla e di prenderci cura di lei.

E leggendo le parole di Isaia, nella prima lettura, scopriamo che questa vigna non è una coltivazione come tante, ma, addirittura, le è dedicato un cantico d'amore, come fosse una fidanzata o una  moglie. È un Dio innamorato, il nostro, che dissoda e coltiva e pianta viti pregiate.
Questa vigna, in realtà, somiglia molto al giardino della prima umanità, donato da Dio all'uomo e di cui l'uomo è padrone perché custode ed interprete. L'uomo, cioè tutti e ciascuno di noi. E così ci troviamo, nei nostri giorni comuni, ad essere i contadini del giardino, della vigna, sapendo che essa non è opera delle nostre mani, poiché “il padrone la circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre” prima di affidarcela. Ma ora ci scopriamo anche necessari perché quella vigna fiorisca e continui a dare frutti. Siamo contadini incapaci di creare con le nostre mani la bellezza di una vigna all'inizio dell'autunno, colma di grappoli e viva di colori, ma insieme siamo custodi di quella bellezza e privilegiati interpreti del messaggio che il Signore, con quella bellezza, ci sta mandando.
Allora oggi, sembra che le parole di Gesù ci accompagnino a scoprire la relazione che Dio desidera avere con noi, una relazione di amore premuroso e paziente, capace di mettere ogni cosa nelle nostre mani, una relazione desiderosa di far fruttificare la sua vigna per noi e insieme a noi. Siamo noi quei contadini a cui dà in affitto la sua vigna, lasciandola alle nostre cure in piena fiducia e libertà.
Ma qui si insinua l'eterna tentazione dell'uomo: prendere il posto del padrone. La stessa tentazione che ha indotto Adamo ed Eva a mangiare del frutto dell'albero, la stessa che ha reso, e ancora rende, disprezzati i profeti ed ha fatto sì che “uno lo bastonassero, un altro lo uccidessero, un altro lo lapidassero”, ed è la stessa tentazione che ha portato a morte il Figlio amato.
Eppure l'amore del padrone è più grande e più forte, “la pietra che i costruttori hanno scartato la fa divenire la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”. L'uomo, ciascuno di noi, può ribellarsi al padrone, può urlare la propria libertà credendo che essa sia indipendente dall'amore, può dibattersi negando a se stesso che il mondo e la vita gli sono stati donati gratuitamente, “nel principio” ed ogni giorno che il sole sorge per lui. Ma, d'ora in poi, ora che Gesù, sebbene “scartato”, è divenuto pietra angolare dell'amore di Dio per noi, ci sarà sempre uno sguardo che ci cerca, che ci attende, che ci chiama, che non chiede altro che di specchiarsi nei nostri giorni comuni, così banali e insieme così speciali giorni di uomini.
Questo è il desiderio di Dio, che come l'acqua riflette il colore del cielo, anche noi riflettiamo il colore del suo amore, anche noi diventiamo cooperatori delle sue mani, voce della sua grandezza, custodi della vita che ci circonda, e, in questo scambio d'amore tra Lui e noi, portiamo frutti nella sua e nostra vigna.

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