16/03/12

18 marzo 2012 - IV domenica di Quaresima - anno "B"

Dal Vangelo secondo Giovanni (3, 14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».




Luce e tenebre, notte e giorno sono messi a confronto in questo dialogo tra Gesù e Nicodemo. E si contrappongono oggi anche nel nostro viaggio quaresimale a colloquio con il nostro essere amici e seguaci dello stesso Cristo che Nicodemo ha interrogato nella notte.
E allora ci sentiamo spinti a guardare negli occhi tutte le nostre notti, quelle che abbiamo vissuto di persona e quelle che abbiamo sfiorato, incontrando la notte di chi ci camminava al fianco. Ci sono le notti che ci spingono a dubitare, quelle che ci tolgono il fiato e le forze, quelle che ci bloccano di paura. Ci sono le notti in cui ci incamminiamo per nostra volontà, credendo di poter fare a meno dell'amore, e quelle che ci sentiamo scaraventate addosso e che chiamiamo, non senza rabbia e disprezzo, il "destino".
Ma che senso hanno tutte queste notti? Abbiamo solo un modo per scoprirlo: non rimanere fermi nel buio, non preferire le tenebre alla luce, ma attraversare la notte come Nicodemo l'ha attraversata per trovare una risposta.
E vogliamo imparare, oggi e sempre, ad attraversare il silenzio delle incomprensioni e dei pregiudizi, per cercare un dialogo nuovo anche dove sembra che un'amicizia non abbia più fondamento. Vogliamo attraversare il freddo delle ferite inflitte con noncuranza quando la quotidianità dell'amore appare banale, per cercare il senso più vero del dono silenzioso di sé, nella riscoperta di una vocazione che si fa cammino di ogni giorno. Vogliamo attraversare il buio della sofferenza e della morte, per scoprire persino nel dolore la presenza constante di un Amore, che non ci abbandona, ma si incammina al nostro fianco, piangendo il nostro pianto, e riportandoci per mano a ritrovare il senso della vita.
Oggi è un percorso difficile, ma diritto, quello che ci chiede Gesù. Un percorso in cui non ci è permesso trovare scorciatoie o nascondigli, non è permesso fare finte. Credere in Lui significa muoversi alla luce, senza paura delle tenebre. E quando verrà il momento, perché certo ci accadrà, in cui ogni cosa sembrerà consigliarci di cambiare strada, solo fissando in Lui lo sguardo, persino oltre il ragionevole, ci sarà possibile rimanere nella nostra Verità. Come accade a quelle vite che sembrano perdute, a quelle riconciliazioni che sembrano impossibili: solo chi ha smesso di crederci è condannato, ha emesso da sé la propria condanna.
E allora se nelle nostre o nelle altrui notti ci sentiremo condannati da Dio, giudicati da Lui, in realtà sarà solo perché ci stiamo giudicando da noi stessi, o stiamo confondendo il giudizio del mondo con il giudizio di Dio. A noi Gesù chiede di procedere per la nostra strada, di fare le cose in cui crediamo alla luce del sole. Continuiamo a credere nel Vangelo, continuiamo a cercare di metterlo in pratica, anche se questo, a noi stessi o al mondo, può procurare fatica o fastidio.
Solo così potremo scoprire che Gesù per primo, con le sue braccia inchiodate alla croce, ha voluto abbracciare tutte le nostre notti, tutte le nostre fatiche, e tutte le condanne che gli uomini non faticano ad emettere. Con quelle braccia distese tre il cielo e la terra, ha accolto la notte per riportare a noi la luce. E solo così potremo ritrovare dentro di noi la gioia profonda di chi è stato salvato per un amore totale, di cui non siamo noi gli artefici, e che nemmeno con le nostre azioni ci potremmo guadagnare, ma che ci è donato gratuitamente per guidarci con la sua Luce nei giorni limpidi e in quelli oscuri della nostra vita. 

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